Antefatto:Lunedì 7 dicembre, mattina: dopo dieci giorni di cassaintegrazione, da orribilandia nessuno s'è fatto vivo.
E siccome undici anni in mezzo a certa gente forgiano al pari d'un percorso di guerra -per cui impari ad aspettarti nemici nascosti ovunque- decido di inviare un sms ai colleghi più prossimi, chiedendo se ci siano novità.
Due colleghe su tre mi rispondono che, a parte una (prevedibilmente) pessima atmosfera, non c'è nulla di nuovo. Ma loro lavorano part time e non sanno ancora cosa sia successo.
Il terzo, solo perché si tratta di personaggio scrupoloso ed amico, mi invita a bere un caffè a casa sua.
Intuisco che sia per prepararmi ad una brutta notizia.
E infatti mi rivela che la sospensione lavorativa, per me ed altre 24 persone, è stata prolungata
fino al 23 dicembre.
Cioè fino all'anno prossimo, giacché dal 24 dicembre 2009 al (presumo) 7 gennaio 2010 sarà effettuata la chiusura natalizia.
E come è avvenuta tale comunicazione?
Con un offensivo avviso posto in bacheca.
Così, senza rispetto alcuno per i lavoratori, né per la loro dignità, nè per la loro privacy.
Come i quadri a fine anno.
Per dire a tutti che sei stato bocciato.
Ma la cosa più grave è che, senza il mio sesto senso di strega, non mi sarebbe venuto in mente di informarmi PRIMA del mio presunto rientro.
Così ieri mi sarei inutilmente alzata alle 6, salita in auto e consumato preziosissima benzina per arrivare in quello schifoso ufficio e sentirmi ridere in faccia che dovevo tornare a casa.
Assurdo. Anzi, offensivo. Anzi, schifoso.
Il rispetto è sacro, dovuto a tutti. Ma chissà dove sono cresciuti questi gran signori per comportarsi così egregiamente nei confronti dei dipendenti, ignorando le più elementari regole di buon senso ed educazione.
E stendo un velo pietoso, l'ennesimo,
forse l'ultimo, su chi, a torto, ha carica di "responsabile" dell'ufficio in cui ho lavorato: quando gli ho inviato un provocatorio sms di richiesta novità, mi ha solo detto che restavo a casa fino al 23.12 insieme ad altre 24 persone; e quando gli ho fatto presente che il modo in cui ciò era avvenuto denotava gravissima mancanza di rispetto nei confronti dei lavoratori, mi ha laconicamente risposto che credeva mi "avessero già avvisato".
Il resto si commenta da sè.
Lunedì 7 dicembre, pomeriggio: anche a causa dell'ennesima bastonata, comincio a sentirmi poco bene. Un po' di mal di gola e verso sera, 37,5°C di febbre.
Che, su di me, ha lo stesso effetto di 40°C su un essere umano "normale".
Dopo aver dato cena ai quattro felini (compreso
Cheope), mi metto a letto e, nella marea di pensieri rabbiosi ed amari in cui mi trovo, come sempre, a navigare, emerge quello più inquietante: domani, 8 dicembre, DEVO star bene per andare dai mici alla colonia, giacché la figlia di T. si sposa e, quindi, sono io l'unica "di turno".
Passo una notte abbastanza insonne, comunque poco differente dalle precedenti, tranne per la copiosa sudorazione dovuta all'antipiretico.
Fuori piove abbondantemente: ogni goccia una maledizione, ringhiata dal mio corpo, rovente di impotenza.
Passato prossimo:Martedì 8 dicembre, mattina: mi sveglio piuttosto ammaccata ed intontita, ma decisa a portare avanti il mio impegno.
Per cui, esaurite le incombenze feline casalinghe, compreso il buon
Cheope che è ospite in garage, al riparo da freddo e pioggia, mi faccio coraggio ed esco, non appena la pioggia regala un po' di tregua, accompagnata dal comproprietario per scongiurare eventuali miei mancamenti.
Alla colonia vedo solo pochi mici, ma l'importante è che ci sia
Briciolo, cui devo somministrare un antibiotico. Riempio la mangiatoia di cibo, sistemo tutto alla meglio e, sempre assistita dal comproprietario, torno a casa con almeno la soddisfazione di aver fatto più del possibile, nonostante le pessime condizioni generali.
Martedì 8 dicembre, pomeriggio: un ulteriore controllo dopo pranzo, per vedere se arrivano altri gatti. Ma nessun altro di loro si fa vedere, a parte Briciolo, e così torno a casa, finalmente in pace con me stessa ed il mio diritto al riposo.
Mi infilo tra le coperte e ci resto fino a sera.
Verso le 17 riprende a piovere: spero e prego che, avendo lasciato loro molto cibo di cui approfittare nelle ore asciutte, i mici siano già al riparo, sazi e pronti al riposo notturno.
Ore 20, dopo aver sistemato i quattro gatti "indoor", mi costringo a cenare, anche perché la debolezza si fa sentire, e torno a letto.
Più tardi T. mi avvisa via sms d'essere riuscita a passare mentre non pioveva e di aver visto quasi tutti i gatti, mi augura di stare meglio e di guarire presto.
La leggerò solo l'indomani mattina: sono solo le ventidue, ma io sono già crollata e dormo pesantemente.
Presente:Mercoledì 9 dicembre, mattina: mi sento peggio di ieri.
E per fortuna non devo andare a lavorare.La testa mi scoppia, vedo saette nel campo visivo. Devo assolutamente riposare.
Scrivo a T. che oggi dovrà fare a meno di me, so già che se la caverà benissimo da sola.
E quel pensiero mi conforta, mi
autorizza a dedicarmi tempo per riposare e guarire.
Comunque mi alzo, sistemo le micie e scendo a trovare Cheope, che, oltre a coccole e cibo, necessita di compagnia: e me lo fa capire, rovesciando ogni volta qualcosa tra gli oggetti sugli scaffali, non sistemati, evidentemente, a prova di gatto.
Mentre lo coccolo (come mi gira la testa!), lo guardo negli occhi e gli spiego che oggi sto male e che posso restare poco con lui. Sono certa che lui capisce e accetta la situazione.
Torno a letto e ci resto fino a pranzo.
Mercoledì 9 dicembre, pomeriggio: approfitto del tempo libero per rivedere un gran film.
THE MATRIX.
Il tempo trascorre nella durata del dvd e tra le fusa di Emily, appostata strategicamente sulle gambe, avvolta da un plaid in
pile.
Priscilla preferisce la sua cuccia,
nella copertina sull'altro pezzo di divano.
Chloe ronfa beata su quello nella cameretta, conquistato di nascosto dalle altre due.
Finito il film, mi sembra di stare un po' meglio: allora avvio l'aspirapolvere, cercando di dare un aspetto accettabile alla casa.
Si, perché come ogni donna, moderna o d'altri tempi, sposata o convivente che sia, sa bene,
quando una di noi si ferma, si ferma tutto il mondo: mucchi di piatti sporchi, di roba da lavare, di polvere negli angoli e di briciole sulla tovaglia.
E, per chi li ha, le cassettine dei gatti da pulire.
Ma pago ben presto quest'eccesso di eroismo domestico: la testa si fa pesante, comincio a sudare e mi sento debole.
Spengo in tempo l'aspirapolvere prima di svenire e riprendo fiato, sedendomi sul divano.
Tornata a livelli vitali pressocché normali, scendo in garage per sfamare Cheope.
Anche per me è quasi ora di cena.
Per fortuna stasera c'è pizza.
E i piatti, quelli rimasti, li laverò domani.
Per oggi ho fatto abbastanza.
Sicuramente molto più d'un
appartentente al sesso forte.
Si, insomma, un uomo.
Che, al mio posto, sarebbe ancora a letto, da lunedì sera.
A lamentarsi e chiedere qualunque cosa: un po' d'acqua, un fazzoletto, qualcosa contro la nausea...
Sesso forte? Ma mi faccia il piacere!
Appunto...