giovedì 29 gennaio 2009

parafrasi sarcastica

La brutta notizia è che il principe azzurro NON esiste.

Quella buona è che non ne hai bisogno.

lunedì 19 gennaio 2009

amare un animale E' come amare un figlio

Riconoscendo a Mamit&Pupina il merito di aver posto l'attenzione su questo articolo, aderisco entusiasta alla pubblicazione di quanto segue, apparso su La Zampa dello scorso 16 gennaio. Buona lettura :-)

"E' stato rilevato un aumento della ossitocina, l'«ormone delle coccole», in chi gioca con i quattrozampe

Chi ha bisogno di un figlio, se si ha un animale domestico? Un’affermazione di cui sono convinti tutti i più appassionati cinofili e gattofili, e che sembra trovare ora una conferma scientifica grazie agli studi di un team di biologi giapponesi: pare che dopo aver accarezzato e coccolato il proprio cane o gatto, e soprattutto aver stabilito un contatto anche visivo con lui, nei padroni aumentino i livelli di un ormone chiamato ossitocina, collegato anche alle emozioni dell’amicizia, dell’amore romantico e, cosa ancora più rilevante, di quello genitoriale. Come dire che i ’pet’ stimolano le stesse sensazioni positive di un pargolo in culla.

Soprannominato "ormone delle coccole" o "farmaco dell’amore" - riportano gli studiosi sulla rivista ’Hormones and Behavior’ - l’ossitocina, come confermano varie ricerche, è in grado di combattere lo stress e la depressione e di stimolare l’autostima negli umani. Per questa ragione Miho Nagasawa e Takefumi Kikusui, esperti della Azuba University, hanno voluto verificare se anche il contatto sociale fra specie differenti potesse amplificare la produzione di questo ormone.

«Miho ed io - sottolinea Kikusui - siamo grandi amanti dei cani e abbiamo notato che qualcosa cambia nel nostro corpo quando giochiamo a palla con loro e li abbracciamo. Perciò abbiamo reclutato 55 padroni di quattrozampe e i loro fedeli amici per una sessione di analisi in laboratorio». Gli arruolati del primo gruppo hanno fornito un campione di urina prima e dopo aver giocato con i loro cani per circa un’ora e mezza, mentre a un secondo gruppo è stato chiesto di non interagire con i loro quadrupedi.

Esaminando il liquido biologico, i ricercatori hanno rilevato un aumento del 20% della produzione di ossitocina nei padroni che avevano giocato con i loro animali stabilendo un contatto visivo di circa due minuti e mezzo in media, contro i 45 secondi dell’altro campione, in cui non si sono notati ’boom’ significativi di questo ormone. I biologi nipponici sono convinti che sia proprio per questo che la pet-therapy, ormai impiegata per curare un gran numero di malattie, è così efficace. E credono anche che l’uomo abbia addomesticato gli animali proprio per questa ragione: nell’antichità, dagli animali ricevevano non solo un aiuto nel lavoro, ma anche sensazioni positive e rilassanti."

Ai prossimi ottusi che si permetteranno di dirmi "ami gli animali solo perché non hai figli" sbatterò orgogliosamente in faccia quest'illuminante articolo :-D

mercoledì 14 gennaio 2009

nuovo blog, problemi vecchi

Ho aperto un nuovo blog: per ora è vuoto, ma si riempirà presto.
Grazie per l'attenzione.

sabato 10 gennaio 2009

martedì 6 gennaio 2009

sempre di animali si tratta

Anche se questo è virtuale, creato con plastilina ed altri materiali.
Guardando le sue avventure ho riso davvero di gusto.

E, come si sa, ridere fa bene, soprattutto in certi momenti bui.











Grande Shaun the Sheep!


Buone risate a tutti, baaaaa :-)

queste le ho fatte io!









































ma sono per loro...
















(foto gentilmente presa in prestito da questo blog molto carino)

almeno fintanto che questa sarà la situazione climatica :-(

lunedì 5 gennaio 2009

un'altra ricetta, ma per loro

Ricevo e riporto importante comunicato della LAC, Lega per l'Abolizione della Caccia - sezione Veneto (ma è valido per tutta l'Italia!).
Grazie per l'attenzione.

Comunicato del 3 gennaio 2009
COMUNICATO: i cacciatori con la neve devono restare a casa! Bisogna invece aiutare gli animali fornendo loro del cibo.

NONOSTANTE LA NEVE ALCUNI CACCIATORI CONTINUANO A SPARARE: LA LAC INVITA IL CORPO FORESTALE DELLO STATO E GLI ADDETTI ALLA VIGILANZA VENATORIA AD INTENSIFICARE I CONTROLLI DATO CHE NEI TERRENI COPERTI DALLA NEVE L’ESERCIZIO VENATORIO E’ VIETATO PER LEGGE.
CACCIARE GLI ANIMALI STREMATI PER LA FAME E PER IL GELO SIGNIFICA COMPIERE UN ATTO DOPPIAMENTE BARBARO.
PER AIUTARE GLI UCCELLI SELVATICI A SUPERARE QUESTO PERIODO DI GELO SI POSSONO SOMMINISTRARE DEGLI ALIMENTI NATURALI QUALI SEMI, MELE O APPOSITI PREPARATI.

Nonostante l’abbondante nevicata di inizio anno che ha coperto le campagne con uno spesso strato di neve, trasformato poi in una lastra di ghiaccio a causa delle temperature sotto lo zero, ci sono ancora dei cacciatori che sparano agli animali come confermano alcune segnalazioni giunte alla sezione veneta della LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia.
La legge sulla caccia, la n.157/92, prevede all’articolo 21 (lettera m): “è vietato a chiunque cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi, secondo le disposizioni emanante dalle regioni interessate”.
Considerata questa disposizione di legge la LAC ha rivolto un appello al Corpo Forestale dello Stato ed a tutti gli addetti alla vigilanza venatoria affinché intensifichino i controlli per sanzionare tutti i trasgressori.
Le Guardie Volontarie Venatorie della LAC si sono già attivate per effettuare dei puntuali controlli sul territorio per individuare e sanzionare i possibili trasgressori che rischiano una sanzione amministrativa pari a 200 euro.
La LAC invita le persone che hanno a cuore la sorte degli animali selvatici ed in particolare degli uccelli, stremati dal freddo e dall’impossibilità di reperire cibo in natura, a fornire loro degli alimenti, possibilmente naturali, come semi di girasole, semi vari come quelli messi in vendita per i canarini, riso, riso soffiato, uvetta passa, arachidi non cotti da appendere a dei rami, mele ed in mancanza di altro pare sbriciolato.
Si possono inoltre fornire delle tortine per uccelli reperibili in negozi specializzati o facilmente realizzabili con appositi ingredienti naturali (Vedi ricetta allegata al presente comunicato).
“Con i terreni coperti dalla neve e da uno strato di ghiaccio sia gli uccelli che i mammiferi faticano moltissimo a recuperare quel cibo che di norma trovano a terra – ha dichiarato Andrea Zanoni presidente della Lega per l’Abolizione della Caccia del Veneto – le temperature rigide sommate alla penuria di cibo risultano spesso fatali causando la morte di molti di questi animali. Se a questa situazione terribile si aggiungano anche i cacciatori si crea una situazione veramente disastrosa oltre che vergognosa e doppiamente barbara. Proprio per questo invitiamo gli addetti alla vigilanza ad intensificare i controlli ed invitiamo i cittadini ad aiutare gli animali selvatici fornendo a terra, su aree pulite dalla neve,del cibo come arachidi; semi vari, semi di girasole, mele e apposite tortine per uccelli”.
Lega per l’Abolizione della Caccia - Sezione del Veneto - Via Cadore 15/C int. 1 - 31100 Treviso
Tel. 347/9385856 e-mail: lacveneto@ecorete.it web: www.lacveneto.it

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COME PREPARARE LE TORTINE PER UCCELLI
Ingredienti:
• 0,5 kg circa di farina di frumento per dolci
• 1 kg circa di farina per polenta di mais giallo
• 0,5 kg circa di zucchero (possibilmente grezzo)
• Almeno 4 confezioni di margarina vegetale da 250 grammi
(N.d.Z.M.: per queste dosi bastano due panetti di margarina, in totale 500 grammi, sono più che sufficienti per realizzare le "polpettine")

Ingredienti facoltativi:
• una bustina di uva passa
• 1 o 2 mele tagliate a cubetti
• fichi secchi tagliati a cubetti o strisce
• un etto di semi di girasole
• 1 bicchiere di riso crudo
• 1 o 2 bustine di pinoli
• Una manciata di riso soffiato (per cani)

Preparazione:
Si mettono in una terrina tutti gli ingredienti con l’esclusione della margarina. Si mischia tutto in modo da creare un prodotto il più possibile omogeneo. A parte si mette in una pentola la margarina e la si scalda a fuoco medio fino alla sua completa fusione. Si versa la margarina fusa sopra nella terrina sopra il miscuglio. Si mischia il tutto con un cucchiaione o con le mani sino ad ottenere un impasto il più possibile omogeneo. Con le mani si formano delle tortine a forma di palla (evitare di comprimerle troppo) che si mettono a raffreddare a parte.

Somministrazione
Le tortine vanno somministrate agli uccelli in luoghi non accessibili a cani e gatti perché appetitose anche per loro.
Possibilmente vanno messe su davanzali, sopra i tetti, tra i rami degli alberi, ecc.
Non appena qualche Pettirosso o Cinciarella si accorgerà della leccornia non mancheranno le successive scorribande di Passeri, Storni e Merli. Nelle giornate invernali di neve o gelo se si fornisce questo od altri alimenti per uccelli riduce o elimina la mortalità dei piccoli passeriformi che nell’arco di un inverno raggiunge anche il 70% di una sola popolazione.


Specie che si nutrono di questo alimento (verifica fatta personalmente):
Merlo, Storno, Cinciallegra, Cinciarella, Cincia Mora, Pettirosso, Passero d’Italia, Passera mattugia, Fringuello, Verdone, Ballerina bianca, Tortora dal collare orientale, Picchio rosso maggiore, Picchio verde, Codirosso spazzacamino, Gazza, Ghiandaia.

Andrea Zanoni
Presidente LAC – Sez. Veneto






venerdì 2 gennaio 2009

a grande richiesta

C'è voluto molto tempo a sistemare queste foto, ma ne è valsa la pena.











































































dopo il racconto, la ricetta

Torta di Zia Maina

Ingredienti:
per la pasta frolla: 250 g di farina, 125 g di burro, 70 g di zucchero, 2 tuorli d'uovo (possibilmente di galline allevate a terra!), un pizzico di sale, 1/4 di dl di acqua, 1/2 limone non trattato.

Per la farcitura: 100 g di mandorle (pelate o no), 100 g di amaretti, 2 albumi, 200 g di marmellata di prugne.

Mescolare la farina con il sale, lo zucchero e la scorza grattuggiata del limone (io ne ho messo più di mezzo!); versarla sulla spianatoia in modo da formare una fontana e al centro mettere il burro ammorbidito a pezzetti, i tuorli d'uovo e l'acqua. Lavorare gli ingredienti per pochi minuti fino ad ottenere un impasto abbastanza omogeneo, ma non ancora elastico.

Ok, fin qui la teoria: la pratica, come si può immaginare, è stata un po' più complicata.
Era la prima volta che impastavo qualcosa e la mia "spianatoia" è in realtà una specie di tovaglia di plastica, fabbricata da una famosa casa produttrice di contenitori ermetici, il che ha aggiunto difficoltà a quelle che già c'erano in partenza :-/
Ma non mi sono arresa: con le mani impiastricciate e non sapendo bene cosa ne sarebbe venuto fuori, ho continuato a raccogliere gli ingredienti dispettosi che cercavano di sfuggire dalle mie mani inesperte
e mentre farina, burro, uova e zucchero sembravano divertirsi un sacco, ecco che nasceva una pallotta appiccicosa e dolcissima, profumata di limone, una nuova creatura, sconosciuta e malferma come un cucciolo appena nato, ma con dentro di sè il destino di dare vita a qualcosa di speciale.
Completato l'impastamento, ho diligentemente riposto il cucciolo di torta nel frigo per mezz'ora, avvolgendolo con la pellicola trasparente come da istruzioni.
Nel frattempo - proprio come si legge nelle ricette "serie" :-D - ho montato a neve gli albumi e ho poi aggiunto le mandorle e gli amaretti precedentemente tritati.
Mi sono accorta che due albumi sono pochi, presumo che con tre
la farcitura sarebbe risultata più fluida oppure avrei potuto diluirla con un po' di latte (si accettano consigli :-D!).
Trascorsa la mezz'ora prevista, ho tirato fuori la pallotta dal frigo, l'ho stesa (sempre sulla tovaglia di cui parlavo sopra) con il mattarello e poi ho cercato di trasferirla nella teglia.
Un disastro!!! La sfoglia non voleva saperne di staccarsi dalla plastica, ma senza farmi prendere dal panico, ho cercato di separarla nel modo migliore e di farla cadere nella teglia senza troppi danni.
Con l'impasto avanzato ho ricavato dei "serpentini" con cui ho creato i bordi della base della torta. Poi, con l'ultimo pezzetto rimasto, ho creato il cuore al centro della torta: una specie di rito, con cui ho trasferito in quel cuore dolce e tenero le mie ferite e le mie lacrime amare, così che il calore del forno potesse curare le prime ed asciugare le seconde.

Poi ho spalmato la marmellata di prugne: e questo è stato facile :-)
Invece la farcitura s'era un po' indurita e la stesura non è risultata uniforme, per cui la torta ha quell'aspetto un po' "crepato" :-(
Completata l'opera ho messo tutto nel forno: la temperatura corretta sarebbe 180°C per 30 minuti: ma siccome ANCHE il forno non collabora e "ruba" qualche grado, ho messo a 200°C con la ventilazione accesa e ho atteso che passasse il tempo necessario, osservando impaziente attraverso il vetro l'evolversi della situazione.

A questo punto, mentre osservavo la cottura, m'è venuto in mente che non avevo imburrato la teglia (!), per cui ho sperato che la torta si sarebbe comunque staccata agevolmente una volta terminata la cottura. La cosiddetta "speranza della principiante" :-1
Trascorsi i trenta minuti, ho controllato che l'impasto fosse cotto infilando nel dolce uno stuzzicadenti: verificato che quest'ultimo ne usciva asciutto, ho estratto la torta e l'ho subito messa fuori a raffreddare, confidando che la bassa temperatura esterna (2°C alle 18.30) fosse utile a scongiurare l'attaccamento alla teglia.

Dopo 3/4 d'ora di raffreddamento ho ritirato la torta: sembrava a posto, ma ora veniva un'altra fase pericolosa: toglierla dalla teglia e trasferirla in un piatto.
Con il solo aiuto dell'istinto, ho staccato delicatamente la torta usando una paletta di plastica, poi, usando la tovaglia per impastare come coperchio, ho ribaltato la teglia: e la torta s'è staccata bene!
Poi ho messo un piatto sulla torta rovesciata e con un altro giro l'ho fatta tornare a faccia in su.
Il giorno dopo, la prova finale: assaggiarla.
Per fortuna, oltre che essere buona da cruda, lo è anche da cotta :-)
Si rompe un po', ma considerato che è una mia creatura, le "crepe" fanno parte del motivo per cui è stato tentato l'esperimento: quello di verificare che, anche da qualcosa di spezzato può rinascere qualcos altro di nuovo.
E, soprattutto, che è anche buono.

giovedì 1 gennaio 2009

un dolce apotropaico

Che io sia una allergica alle imposizioni si sa.
E quindi: alla faccia della tradizione, secondo la quale a Capodanno ci si dovrebbe liberare delle cose vecchie, ma anche perché non c'è ancora un cassonetto abbastanza grande per contenere tutto ciò di cui vorrei liberarmi, ispirandomi molto umilmente a chi, l'anno scorso, impastò un commovente "pane per il passaggio" in cui dolori del passato e speranze per il futuro potessero dar vita ad un dono nel presente, ho pensato di fare una torta.

Tenendo presente che non cucino quasi mai, che le mie nozioni di culinaria si limitano alle basi essenziali per non morire di fame e che ogni volta che mi azzardo a fare esperimenti ottengo spesso risultati a dir poco deludenti, quello che ho realizzato si potrebbe considerare QUASI un miracolo; se non fosse che non credo ai miracoli, tantomeno se si tratta di me.
(Gli unici "miracoli" in cui possa credere sono gli eventi straordinari cui mi permettono di assistere le mie amate gatte, come in queste foto,














dove è accaduto qualcosa che non speravo di raggiungere in soli tre mesi di convivenza felina. Ma si tratta di gatti, appunto: e, con loro, tutto è possibile :-)

Ma torniamo alla torta.
L'idea m'è nata come un fiore d'inverno tra tanti pensieri tristi ed amari, forse proprio per contrastare la tristezza e compensare, in qualche modo, la carenza di soddisfazioni con un po' di "zucchero" che potesse rendere la vita più sopportabile (ieri sera in tv davano "Mary Poppins": coincidenza? mah...)
Dato che la mia scarsa dimestichezza tra i fornelli, anche per quanto riguarda i dolci, deriva anche (o soprattutto?) dal fatto che mia madre, al massimo, preparava budini e torte con le "buste" oppure farciva strati di pan di spagna con improbabili creme fatte di nutella allungata con il latte, cercavo una buona ispirazione, tanto per non limitarmi a leggere qualche ricetta in rete o in un libro (cosa che poi ho fatto ;-P).
E allora pensavo alla mia nonna paterna, Rosetta, che aveva inventato una torta speciale, soprannominata "tórta di mëghi", cioè "torta dei medici", in quanto la regalava agli specialisti da cui si faceva visitare (cose d'altri tempi...); però ricordavo a stento la ricetta, se non da un punto di vista, anzi, di gusto, meramente nostalgico.
Che fare? Arrendersi ancor prima d'aver tentato?
Eh no! Lo dovevo a me stessa, una specie di esercizio d'autostima (e sennò dalla psicoterapeuta cosa ci vado a fare?).
Per non sbagliare le dosi, ho consultato sia internet, sia un utilissimo libro a prova di principianti, "Scuola di Cucina - tecniche e ricette di base" (ed.Giunti Demetra); trovata la ricetta base per la pasta frolla, ho poi aggiunto gli altri ingredienti con l'aiuto dei ricordi.
E il risultato è stato questo.














E la ricetta? Un po' di pazienza, nel prossimo post... :-)