sabato 29 gennaio 2011

immancabile nostalgia


(foto presa "in prestito" qui)


E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

(Eugenio Montale "Meriggiare pallido e assorto" - Ossi di Seppia)

venerdì 28 gennaio 2011

Nel (bel?) mezzo di un gelido inverno


Sono passati 38 giorni dall'inizio dell'inverno e ne mancano 52 all'arrivo della primavera.
Quasi a metà, quindi.
Intanto oggi c'è un vento gelido, che aumenta la sensazione di freddo.
In realtà la temperatura è sopra lo zero di qualche grado.
Ma il Levante riesce a far sembrare più pungente l'aria.
Come quando la stanchezza rende più insopportabili i dolori.
Anche quelli vecchi.
Come quando "tirano" vecchie cicatrici, nonostante sembrassero ormai sedimentate tra pelle e passato.
Come quando guardar fuori è una tregua - doverosa verso se stessi - al guardarsi dentro.
Fino in fondo, dove l'amarezza si aggrappa con artigli neri a quello straccio sfilacciato che si chiama "anima".
Dove respirare adagio è l'unico modo per cercare di farle mollare la presa.
Anche solo per un po'.

mercoledì 26 gennaio 2011

uno di quei giorni...

Sarà la stanchezza pluriennale.
O la SPM.
O l'ennesima notte trascorsa tra insonnia ed incubi.
Sarà che sono stanca, troppo stanca.
Sta di fatto che oggi è uno di quei giorni in cui i fallimenti pesano più dei risultati.
In cui l'impotenza ringhia bassa e rosica le radici della mia autostima, faticosamente piantate in terreno accogliente, a lungo cercato.
In cui sentirmi di MERDA è comunque meglio che sentirmi UNA MERDA.
Ma tant'è.
Chiudere gli occhi e sparire sarebbe più d'una magia.
Sarebbe la salvezza.
Ma poi penso a loro e a loro.
E in fondo a una tasca di quest'anima logora trovo un po' di coraggio: e vado avanti.
Anche oggi.

martedì 11 gennaio 2011

autoironia



Dopo un solo giorno di rientro a orribilandia ho due occhiaie così profonde che se incontrassi un panda mi direbbe di provare un buon correttore.
Ché non mi si può guardare...

domenica 9 gennaio 2011

anno nuovo, buffonate vecchie



E da domani si ricomincia, con le solite ridicole modalità,
peraltro in assenza della consueta e prevista raccomandata che i grandi geni hanno spedito mercoledì e che, quindi, NON è arrivata in tempo (e chissà come mai...).
Però stavolta si sono degnati di telefonarmi per confermare il mio rientro bisettimanale.
Chissà, forse si sono resi conto di essere dei buffoni.
O forse no.
Per cui, da domani, sveglia alle 6 per sistemare le tre gatte (e Davide, tuttora ospite del gattogarage) e render me stessa presentabile, per quanto non valga granché la pena, vista la destinazione infelice.
Si prospetta un lunedì pesante, forse alleviato dalla ricezione della busta paga.
Ma meglio non farsi troppe illusioni, ché l'anno è nuovo, ma gli stronzi sono fin troppo vecchi...
Se qualcuno mi cerca, sarò impegnata a non crollare per la fatica...
Buona notte, a sabato prossimo.

lunedì 3 gennaio 2011

propositi per l'anno nuovo

1 - smettere di inseguire chi NON risponde ai miei sms (e altre mie comunicazioni in generale);

2 - acquistare una scheda TIM ed una WIND, così non mi dissanguo quando chiamo la maggior parte dei contatti che sono passati al "nemico";

3 - cercare SERIAMENTE un lavoro, al di là del fatto che spesso è chi lo offre a non essere serio per primo;

4 - non permettere ai disfattisti di intaccare la mia piccola autostima in evoluzione, che c'ho messo un sacco per trovarle il posto giusto in cui farla crescere;

5 - credere un po' di più in quello che faccio, ricordando sempre questa splendida frase di Bertrand Russell (trovata qui ): "Qualsiasi cosa tu sappia fare bene contribuisce alla felicità" e possibilmente appenderla allo specchio del bagno, così da prenderne nota ogni giorno.

sabato 1 gennaio 2011

MMX

2010: il bilancio, per me, chiude in perdita.
Altro che "anno del contatto"; caso mai, del distacco.
E della consapevolezza, per quel che vale.
Sopportabile fino ad un certo punto, nella sua prima parte.
Ma decisamente "impegnativo" nella seconda.
Fottutamente faticoso, per dirla meglio.
Un anno in cui i pochi traguardi, per quanto significativi, sono arrivati alla fine di tanta amarezza, logoramento e sfiducia da farli "quasi" dimenticare.
Quasi.
Perché, per fortuna, se non si dimenticano certo lacrime e strette allo stomaco, notti insonni e giornate da incubo, si ricordano anche i pochi momenti felici, in cui il loro destino è finalmente cambiato: o forse si è compiuto per quello che avrebbe dovuto essere, da sempre.

Un anno dove i soldi sono rimasti pochi, la speranza è diventata inconsistente, l'amore (umano) non s'è fatto comunque vedere e la fiducia è talmente magra da rasentare l'anoressia.

Un anno in cui alcune persone si sono rivelate altro da ciò che (mi) sembravano; e se ne sono uscite di scena velocemente, così come erano entrate.
E in cui persone speciali che mi stanno a cuore hanno ricevuto colpi talmente duri dalla vita da non poter restare indifferente al loro dolore.
Un anno in cui ho conosciuto comunque qualche nuova persona valida, incrociata forse per caso o coincidenza, anche se le coincidenze non esistono.

Persone che, pur distanti fisicamente, mi sono state molto più vicine della schiera di disfattisti che mi stanno ancora attorno, quelli che si ostinano a scalfire inesorabilmente la mia gracile autostima, debole come una pianta indifesa da gelo e buio, che scricchiola nel pallido sole d'inverno, sfidando la sorte ogni giorno, rielaborando e masticando la misera quantità di energia, conservata preziosamente nel suo profondo, al riparo dagli schiaffi impietosi d'una vita il cui divertimento maligno sembra quello di prendermi a botte in testa ogni volta che cerco di rialzarla.
Un anno concluso in silenzio, in solitudine, distante dall'inutile fragore di chi non aveva niente di meglio da fare che rompere i timpani e le palle con dannosi (spero per chi li ha usati) botti di capodanno.
Un anno del quale una cosa è certo positiva: che sia finito.
In attesa di un qualunque miglioramento: qualunque, ché da dove iniziare c'è solo l'imbarazzo della scelta.