martedì 28 dicembre 2010

dalla colonia (37): un'altra giornata da pazze

Leggere per credere...
E magari accendere un cero, un raudo, un qualcosa che porti una stracazzo di fortuna, ché qui siamo veramente al limite del paradosso.
Ma doloroso. Molto doloroso...

venerdì 24 dicembre 2010

parafrasando...

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di auto in coda

Ho tanta
amarezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che un buon silenzio

Sto
con le quattro
capriole
di fusa
delle mie gatte...

dalla colonia (35): la scelta più difficile

Appunto.
Qui...

mercoledì 22 dicembre 2010

il giorno più buio

Sono tre anni che quel giorno sembra essere già arrivato: e invece mi viene il dubbio che potrebbe ancora essere per strada.
No, non sto parlando del 13 dicembre e nemmeno del solstizio d'inverno che, come spiegato esaurientemente qui, è quello al quale andrebbe, casomai, associato il titolo di questo post.
Parlo di buio interiore.
Di quel giorno dal quale in poi, auspicabilmente, toccato il fondo una volta per tutte, finiranno i pensieri amari.
E i dispiaceri.
E i dolori.
E le rotture di coglioni.
O almeno quel giorno in cui, finalmente, mi accorgerò che il peggio sarà passato e potrò (ri)cominciare a scorgere un po' di luce.
Un filino, mica una finestra spalancata, talmente luminosa che devi guardarla ad occhi socchiusi; una fessura di chiarore in cui trovare il coraggio di rialzare la testa, senza paura di prendere altre bastonate.
Ma adagio, ché dopo anni di sguardo a terra, sarebbe troppo rischioso rialzarsi di colpo, non essendo più abituati a guardare avanti, oltre stasera.
Oltre domani.

giovedì 18 novembre 2010

dalla colonia (34): ma noi andiamo avanti...

Aggiornamenti degli ultimi giorni, qui...
Per chi volesse collaborare, l'incrocio di dita e quant'altro è sempre gradito e quanto mai necessario...

lunedì 15 novembre 2010

torta dell'ottimismo


Della serie, citando Sting, "quando il mondo sta cadendo pezzi, raccogli il meglio di ciò che c'è ancora intorno", in questo caso ho copiato una ricetta, da tempo pubblicata dalla mia amica MiciaPallina, con qualche aggiustamento, giusto per non essere accusata di plagio ;-)
Avevo già provato una volta o due il suddetto impasto, rispettando le dosi e ed i tempi di cottura.
Ma il risultato, per quanto buono, non mi soddisfaceva del tutto.
Eh sì, perché anche se ho scoperto la mia vena artistica in cucina solo "grazie" a quasi un anno di cassaintegrazione, sono comunque molto esigente con me stessa (e figuriamoci con gli altri...).
Quindi ho fatto un altro tentativo. Ed ecco il risultato.

























Questi gli ingredienti, con qualche modifica, appunto, alla ricetta originale.
Per l'impasto:
250 gr di farina;
80 gr di olio extravergine di oliva (io ho messo due cucchiai)
110 ml di acqua calda
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaino di lievito per torte salate
n.b. la prima volta ho usato il cosiddetto "lievito istantaneo" e non ho fatto lievitare l'impasto.
L'ultima volta, invece, ho usato il lievito "normale", aggiungendo due cucchiaini di zucchero agli ingredienti suddetti (come specificato sulla bustina) ed una volta impastata la palla, l'ho lasciata riposare un'oretta (cosa non prevista nella ricetta originale), coperta da uno straccio in cotone e posizionata sopra la macchina del pane, dentro la quale, nel frattempo, lievitava il pane (quello che si vede, una volta cotto, sullo sfondo della torta nelle immagini qui sotto).








Per il ripieno (si possono anche dimezzare le dosi per una torta più leggera):
200 gr di prosciutto cotto a fette
200 gr di robiola
250 gr di carciofi tagliati surgelati
un po' di formaggio morbido per la gratinatura (ho usato l'emmenthal, dato che ho eliminato da tempo le non salutari sottilette :-P )
sale e pepe q.b.
facoltativo: 1 spicchio d'aglio
Procedimento:
Mettere tutti gli ingredienti dell'impasto, compresi i due cucchiaini di zucchero, nel mixer (oppure scegliere questo "metodo" insolito e divertente) fino a che si forma una bella palla compatta.
Se il mixer lo permette, togliere la lama impastatrice di plastica e lasciare a riposare l'impasto, coperto da uno straccio di cotone (PULITO!!!) per un'ora, possibilmente al caldo.
Nel frattempo preparare il ripieno, tagliando il prosciutto cotto a striscioline (se in fette sottili) oppure a dadini (se in fetta grossa), per poterlo tritare meglio; mettere nel tritatutto insieme alla robiola e far andare fino a che si ottiene una bella pasta morbida e rosa.
Eventualmente mettere da parte in frigo fino alla fine della lievitazione.
Mettere i carciofi surgelati direttamente in padella con un po' d'olio, far rosolare 5 minuti a fuoco vivace, poi altri 10 a fuoco dolce, coprendo con un coperchio ed eventualmente aggiungendo un cucchiaio d'acqua se si asciugano troppo. Se ne è gradito il gusto, prima di mettere i carciofi, far rosolare nell'olio uno spicchio d'aglio che andrà tolto quando si versano i carciofi.
Quando la palla di pasta sarà più o meno raddoppiata, reimpastarla velocemente a mano e stenderla, a mano o con un mattarello, secondo le dimensioni della pirofila: io ho usato uno stampo in silicone da 24cm, per cui ho steso bene la pasta in modo da ottenere più o meno un cerchio del quale si potessero ripiegare i bordi.
Mettere la pasta stesa in una pirofila (o in uno stampo come nel mio caso), stendere bene il ripieno di prosciutto e robiola, poi aggiungere i carciofi e finire ricoprendo, nella quantità desiderata, con uno strato di formaggio morbido a piacere tagliato a striscioline sottili (con il pelapate oppure con l'apposita paletta).
Infornare in forno già caldo a 180° per circa 45 minuti, controllando la doratura della pasta.








Sfornare e far raffreddare un po' per apprezzare meglio tutti i sapori.
E' buona anche il giorno dopo. Se ne avanza...

domenica 14 novembre 2010

comunicazione di(s)servizio

Oggi, tanto per non far mancare nulla ad una giornata che s'è già rovinata di suo (e dirò di che si tratta per non portarmi altra sfiga, in attesa che gli eventi, per una volta, volgano al meglio), a fronte della imminente chiusura di questo sito, tutte le immagini che avevo messo nei banner da me creati qui nella sidebar a fianco sono rimpiazzati da questo fastidioso quadrettino:

Per il momento, in attesa di trovare (e chissà se c'è) un altro sito che svolga la stessa funzione, mi scuso per l'inconveniente, precisando che ogni suggerimento sarà ben gradito ed accettato.
Nel caso non dovessi riuscire a risolvere (ANCHE) questo problema, sistemerò la sidebar in modo da mantenere i soli collegamenti ai siti citati, link che, peraltro, cliccando sul suddetto quadretto verde, comunque FUNZIONANO tuttora.

AGGIORNAMENTO DEL 16/11/2010: grazie a questo sito (che spero duri più del precedente), sono riuscita a ripristinare le immagini. Ora la sidebar è salva...

domenica 7 novembre 2010

dichiarazione d'amore

Amo i vostri occhi, così profondi ed intensi, che a guardarci troppo dentro c'è da aver paura di cadere nel buio immenso dell'ignoto notturno e nelle magnetiche potenze del cuore della terra...








Amo il vostro naso, così sensibile e deliziosamente umido quando vi strusciate sornioni sul mio viso...














Amo i vostri baffi, comunicativi e mutevoli, all'erta per la curiosità e sottile cornice leggera del vostro muso...






Amo le vostre orecchie, veloci espressioni del vostro umore, nel passare da una ritta posizione di ascolto ad una minacciosa ritirata all'indietro quando qualcosa vi spaventa...








Amo il vostro mantello, con le sue infinite variabili di colore, il suo rassicurante calore ed il suo affascinante somigliare ad una dolcezza sempre diversa...























Amo le vostre zampe, formidabili strumenti di caccia, armate di infallibili artigli eppure delicatissime e silenziose come il posarsi di mute farfalle di velluto sulla terra...









Amo la vostra coda, con la sua inimitabile sensibilità nel far capire le vostre parole miagolate, con la sua elegante fierezza che vi annuncia, accompagnando i vostri passi di danza...
















Amo il vostro verso, le sue diverse modulazioni, dal sussurro trillato di mamma gatta verso i cuccioli, all'insistente litania quasi lagnosa con cui cercate - ed ottenete, sempre - attenzione...

Ma soprattutto, adorabili gatte mie, amo le vostre fusa, quel magico suono ipnotico in cui s'annulla il mio dolore e la mia anima ritrova la giusta sintonia con le infinite armonie dell'universo...

mercoledì 27 ottobre 2010

martedì 19 ottobre 2010

i nuovi mostri in prima pagina

La curiosità morbosa che esorcizza il male

Ma perché la gente vive con morboso accanimento la brutta storia di Sara e della famiglia Misseri? Sbiadiscono perfino le guerre dei giudici, le inchieste sul premier, i dossieraggi, al cospetto della tragedia di Avetrana.
Sarebbe facile e sacrosanto imbastire un bel processo accusatorio alla tv del dolore, agli sciacalli del video, gli esibizionisti dell’orrore, i grilli parlanti e le iene piangenti.
Aggiungete poi la vergogna del pellegrinaggio di domenica scorsa alla casa dei mostri, una specie di luna park degli orrori.
Sarebbe poi facile notare che tra tanti delitti feroci, ce n’è sempre uno che diventa racconto di massa, saga televisivo-popolare, tormentone mediatico. La Franzoni o la Cesaroni, Erika o Amanda, dimostrano che è l’attenzione mediatica, l’esposizione in tv a rendere il caso esemplare e proverbiale.
E si creano cittadelle dell’orrore, ieri Cogne oggi Avetrana, a dimostrazione che anche la ferocia o la follia non hanno connotati etnici o geografici.
Io invece vorrei proporvi un’altra riflessione. L’umanità ha bisogno di spiegare il male, di confrontarsi con il dolore più atroce, di superare la soglia per vedere dove si nasconde l’orrore.
Ai colti basta leggere Seneca o Sant’Agostino, interrogarsi sul concetto del male e del dolore.
Ma la gente comune coglie il male e il dolore attraverso gli esempi, i casi concreti, la vita di ogni giorno.
Anche Gesù non parlava per concetti ma per parabole, narrava esempi, affrontava singoli casi di malattia e di guarigione, di morte e di resurrezione, per farsi capire.
L’uomo ha bisogno di conoscere storie del male, la grande letteratura è concentrata sul male e sul dolore, a cominciare dalla tragedia greca.
Potete maledire finché volete la tv e i giornali che vi parlano del male e delle disgrazie: ma un aereo che cade fa notizia, diecimila aerei che volano no; Sara che esce con sua cugina non fa notizia, Sara uccisa e stuprata dai suoi famigliari sì.
Trentatré minatori che tornano la sera a casa non fanno notizia, se restano sottoterra per un’infinità di giorni sì. E a loro proposito, la miseria dell’informazione non è stata l’accanimento spettacolare nel seguire la vicenda, ma la banalità di paragonare la loro epopea ai reclusi volontari del Grande Fratello e non ai prigionieri platonici del mito della Caverna o magari alla considerazione che il loro tornare alla luce sia stato come una seconda nascita, dopo una gravidanza pericolosa nelle viscere oscure di Madre Terra.
Critichiamo pure, e giustamente, tutte le esagerazioni, ma non dimentichiamo che alle origini di tutto questo c’è un bisogno innato dell’uomo, la paura del male e la voglia di addomesticarlo, di vederlo in faccia, di viverlo attraverso le esperienze degli altri per esorcizzarlo, per scaricarlo da sé, per sentirsi immuni.
Non ha colpe particolari la tv che ha dato così grande spazio a Sabrina (un nome che a giudicare dall’età sembra anch’esso pescato dalla tv, nata quando impazzava Sabrina Salerno). Non si può giudicare col senno di poi la tv - questa entità magica tra il divino e l’infernale - che ci ha mostrato fino alla nausea Sabrina; la tv non poteva sapere in anticipo quel che poi si è scoperto. E anche la stessa ragazza, che si preoccupa di quel che si dice in tv più che in tribunale, è la versione moderna del paese è piccolo e la gente mormora, o, se vogliamo dare una formulazione più alta, di vox populi vox dei.
È inaccettabile il filo ideologico emerso a ridosso della storia di Sara. Dal coinvolgimento di padre e figlia, e dai casi di violenza sessuale perpetrati gran parte delle volte in famiglia, c’è chi ha dedotto la solita moralina immorale: questa è la famiglia, il luogo degli orrori.
Si perde come spesso succede, la distinzione tra l’eccezione e la norma. Per una famiglia abitata da mostri ce ne sono mille fondate sulla dedizione, l’amore, il sacrificio. Tra i venti milioni di famiglie italiane ce ne sarà qualche migliaio abitata da mostri, magari coperti dall’omertà familiare, e ve ne saranno svariate fondate sulla sopraffazione, la violenza, l’abuso.
Ma la stragrande maggioranza delle famiglie sono il rifugio sicuro, la protezione primaria, la casa degli affetti, il luogo dell’autenticità in cui siamo veramente noi stessi, che nessun’altra realtà sociale può neanche vagamente sostituire. Poi ci sono tante famiglie sfasciate o in crisi permanente, separazioni a grappolo, genitori latitanti e figli debosciati.
Ma la famiglia tradizionale non è il museo degli orrori, come la metropolitana non è il luogo in cui si prendono cazzotti mortali, solo perché è accaduto a una povera infermiera romena. Si scambia la vita di ogni giorno con l’orrore di un evento; si creano muri di diffidenza tra milioni di persone solo perché sparute minoranze abusano della propria libertà.
Certo, c’è bisogno di misura e di sobrietà, c’è bisogno di responsabilità educativa nell’uso dei media, sapendo che il mezzo non è neutrale e se non educa, diseduca. Non va lasciato a se stesso e alle regole del commercio.
C’è bisogno di una tv più diversificata in cui accanto al becero gossip del dolore vi sia anche chi colga l’umanità, tragga riflessioni più alte, sentimenti più nobili e usi le tragedie per far crescere un popolo, senza assecondare la sete di sangue.
Personalmente non guardo i programmi del dolore, detesto le lacrime in diretta e la disperazione rubata al volo dalle telecamere e provo un leggero ribrezzo per gli specialisti della tv del dolore. Ma riconosco che questi riti collettivi sono forme di partecipazione e catarsi comunitaria, e possono essere risposte di civiltà alla barbarie e non l’inverso.
Sin da quando siamo bambini abbiamo bisogno di capire dove si nasconde l’orco, abbiamo necessità di dargli un volto e di delimitarlo in un confine, in un luogo, in un volto.
Perché siamo miseramente, imperfettamente e splendidamente mortali.

(N.d.B.: grassetti e corsivi sono mie sottolineature, non presenti nell'articolo originale)

domenica 17 ottobre 2010

it's the end of the world as we know it (but I don't feel fine)

Domenica, ore 8,20 circa.
Una mattina surreale.
Fuori piove; dentro è tutto buio e silenzio.
Alle 7,40 hanno tolto la corrente, la ripristineranno alle 10.
E così, anche stamattina, anche se è domenica, sveglia all'alba, anzi prima, per riuscire a fare colazione, lavarsi e scendere dai mici in garage dove, per fortuna, c'è un neon d'emergenza che si attiva in casi come questo.
Surreale, appunto.
Perché senza corrente elettrica sono davvero poche le cose che si possono fare.
In una vita felice la cosa più normale sarebbe tornare a letto, al caldo, tra copertine e gatte ronfanti.
Ma non in questa; tanto più che, di là, c'è un detestabile essere che russa beato il suo menefreghismo in faccia al mondo e che, anche stanotte, ha contribuito a disturbare il mio fragile e quanto mai precario sonno.
Quindi sono qui, a scrivere, sul mio libretto nero dei pensieri amari, seduta davanti alle finestre della sala che, orientate a sud, lasciano entrare una debole luce grigiastra che rende tutto molto simile ad una foto in bianco e nero.

E in questa atmosfera insolita, in cui tutto viene ridimensionato alla mancanza di energia luminosa normalmente sottintesa, in cui ogni gesto automatico, come premere un interruttore, perde il suo ovvio significato quotidiano, penso a come sarebbe se, quella trascorsa da poco, non fosse stata solo l'ultima mezz'ora di corrente, ma quella della vita del mondo in assoluto: e questo buio la sua fine.
30 minuti per raccogliere tutto il possibile, per salvare quel che si può, per portarsi via (ma dove?) qualcosa che protegga dalla paura di morire.
30 minuti per decidere a chi telefonare, a chi dire, mai abbastanza, "ti voglio bene", per salutare qualcuno che non si fa vivo da troppo tempo, così tanto da averne quasi dimenticato viso, voce, odore.
30 minuti per pensare a cosa fare "dopo": ammesso ci sia, quel dopo.
30 minuti per accorgersi troppo tardi che tutto è importante, quando sta per essere perduto per sempre.
30 minuti passati in fretta. Troppo in fretta.
3, 2, 1...
Addio.
Buio.
Silenzio.
Fine.

sabato 16 ottobre 2010

vagoni e puzzle


Certe persone sono come treni.
Pur tra tante difficoltà, riescono ad intraprendere il loro viaggio e si arricchiscono ad ogni stazione che incontrano.
Invece io mi sento come un vagone vuoto, fermo, su un binario morto, in attesa che la ruggine mandi in polvere ciò che sono.
Mi sento dire che ho ancora una vita davanti.
Ma mi chiedo: e chi lo dice questo?
La statistica, forse?
O piuttosto la consuetudine, il luogo comune, secondo i quali, passati i (primi) quarant'anni della propria vita, ad ogni essere umano ne spettino, mediamente, altrettanti, giusto il tempo di sistemare ciò che si è andati tracciando nella prima parte dell'esistenza?
A me non sembra così scontato.
E, quand'anche fosse così, più o meno per tutti, quindi, anche per me, come ignorare che, nei prossimi, eventuali, quarant'anni non avrò più la forza, né l'energia - già comunque scarse entrambe fino ad oggi - della prima parte della mia vita?
E come poter escludere, a priori, nel "qui ed ora" - che è tutto ciò che ho- che il mio destino, o comunque lo si voglia chiamare, non debba necessariamente riservarmi chissà quali splendidi traguardi, cambiamenti significativi o grandi soddisfazioni?
Ferma e vuota, ecco come mi sento; credevo di fare parte di un "tutto", di un "qualcosa" cui, oggi, non appartengo più.
E così resto qui, ad aspettare.
Ma non so neanch'io bene cosa.
A pezzi, come un puzzle, messo insieme senz'alcuna cura, dove qualche tessera è stata anche spinta dentro a forza: perché è chiaro che, quello, non è il suo posto.
Un puzzle che sembra compatto, ma è tenuto insieme da una debolissima colla; e basterebbe un soffio di vento leggermente più forte, un colpo, un pugno sul tavolo: e tutti i pezzi finirebbero all'aria.
Un tempo quella colla era la speranza.
Ora, forse, è solo la gravità.
O la stanchezza che, in qualche modo, tiene attaccate tutte le piccole parti, i vari cocci in cui sono stata frantumata.
E, a guardar bene, ci sono parecchi spazi vuoti.
Il "mio" quadro è tutt'altro che completo.
E chissà se lo sarà mai.

mercoledì 15 settembre 2010

previously on NONSOLOCATS - riassunto degli ultimi dieci giorni

Rieccomi, dopo giorni di assenza causa stanchezza devastante e problemi tecnici (domenica s'è fulminato il modem, prontamente sostituito ed installato lunedì pomeriggio dal comproprietario, ché in questa casa il computer è importante quanto frigorifero e microonde...).
Ebbene sì, oggi mi sono concessa un pomeriggio di stacco dal "non-lavoro", dopo aver passato giorni pesantissimi a non far nulla (sembra un ossimoro, ma NON lo è), piena di rabbia per non essere a casa a fare le cose a cui tengo e piena di stanchezza, perché comunque l'insonnia continua ed è devastante dover stare seduta a non far niente per 8 ore quando vorresti tanto essere a casa e a riposare con le tue gatte...
Insomma, il rientro è stato anche peggiore delle mie aspettative...
E così oggi me ne sono fregata, ho inventato una balla e sono rimasta a casa.
Non che il pomeriggio prevedesse grandi cose: ho semplicemente pranzato con calma e riposato mezz'oretta per recuperare la montagna di insonnia che continua a tormentarmi fedelmente ogni notte.
Tra poco stenderò le magliette che ho lavato poco fa, poi metterò un po' d'ordine e mi godrò il bel silenzio di casa, respirando tutta la serenità che posso e cercando di rifugiarmi nella bella sensazione di non essere anche oggi pomeriggio a farmi prendere per il culo da gente di cui m'ero tanto felicemente liberata... e se da lunedì, come previsto inizialmente, sarò di nuovo a casa, TANTO MEGLIO!

Quanto ai mici, dopo la splendida adozione di Demetra dello scorso sabato, anche Dafne è stata adottata domenica scorsa: una buona adozione, non perfetta come quella di Demetra, ma comunque buona.

Ed ora il garage con i soli Felix e Dante sembra così vuoto... ho pianto molto domenica sera, ma è normale, mi sono affezionata tanto ai quei piccini che ho salvato, curato e tirato su con tanto amore...
In compenso e per non farsi mancar nulla, già venerdì scorso sera qualche bastardo aveva abbandonato altri due piccolini alla colonia: ho fatto appena in tempo a vederli sabato pomeriggio e domenica mattina; ma purtroppo da ieri sera la mia amica T. dice di non averli più visti, oggi li ha cercati nei fossi lungo le strade là intorno, ma non ce n'era traccia; e la vita è troppo una merda per sperare che qualcuno li abbia portati via per adottarli, anche se è quello che spero, ma non ne sono troppo convinta... >:-(
Insomma: sono stanca, amareggiata, umiliata, non riesco a fare altro che arrivare a casa, cenare, lavare i piatti e crollare a letto (per poi ritrovarmici sveglia e rabbiosa qualche ora dopo), non riesco più a leggere, figuriamoci a scrivere; e sono sempre più triste, arrabbiata e stufa...
Ma mi chiedo: e se finalmente arrivasse un bel cambiamento, una volta per tutte?
Così, tanto per stupirmi con effetti speciali...

venerdì 3 settembre 2010

a volte ritornano

A orribilandia, nel mio caso.
Venerdì scorso, ore 17,30, telefonata di un sindacalista (pfui, per dirla con Zio Paperino e amici) che mi annuncia di aver raggiunto l'accordo per reintegrarmi a lavorare per 2 settimane al mese, a rotazione con un'altra persona (la cui identità è ancora segreta, manco fosse Diabbolik!) in un ufficio "apposito a sistemare un po' la contabilità".
Per chi non sa di chi stia parlando, dirò solo che, tra tutte le mansioni che saprei svolgere egregiamente in quel posto di merda, l'unica di cui non ho competenza è proprio la contabilità.
Per cui, lasciati esaurire gli assurdi argomenti del pallonaro interlocutore, ho prontamente sottolineato che la proposta, per me che conosco, purtroppo, bene i personaggi in questione, era (ed è) una BUFFONATA, ma che l'accettavo comunque, non avendo alcuna valida alternativa al momento.
Ieri ho ritirato la raccomandata con cui mi si comunica, come sopra, il reintegro a seguito di "predisposizione di un piano di rotazione del personale in ragione delle esigenze tecnico-organizzative aziendali" dal 6 settembre al 17 settembre.
E poi? Non si sa.
Per cui, tanto per schematizzare, ecco i contro ed i pro di questa novità:
CONTRO:
- dovrò alzarmi alle 6 per riuscire a sistemare le tre gatte di casa ed i quattro che, tuttora in cerca di adozione, abitano nel gatto garage (totale SETTE GATTI) prima di andare in ufficio (venti minuti di strada);
- perderò inevitabilmente la tranquillità ritrovata in questo quasi anno di disintossicazione, nonchè la gioia di pranzare con calma, invece che ingoiare di corsa il cibo in 20 minuti e risalire in auto con la digestione bloccata e guarderò al fine settimana come ad un'oasi per riprendere a vivere e non vegetare;
- tornerò a respirare un'aria fetida, sia dentro, sia fuori, ed a confrontarmi, mio malgrado, con emerite facce di merda, che mi odieranno ancor più di prima, in quanto obbligate a farmi rientrare al lavoro dalla legge che regolamenta la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria; quelle stesse facce di merda che con tanta soddisfazione avevano inserito il mio nome nella lista degli "eliminabili";
- dovrò necessariamente trascurare la colonia e lasciare T. da sola a gestirla, visto che sarò fuori casa per 9 ore al giorno, di cui 8 trascorse rinchiusa nell'orrido posto;
- non avrò più tempo per il blog, né tantomeno per FB, da cui mi sto già allontanando progressivamente per varie ragioni;
- tutto ciò che riuscivo a fare con calma durante la settimana verrà malamente scaraventato, dove possibile, dopo le 18 o nel fine settimana, con conseguente aumento del nervosismo e inevitabile calo della minima serenità guadagnata in un questo periodo "sabbatico";
- arriverò a casa comunque stanca nel corpo ed inquinata nell'anima, umiliata da una situazione assurda, trascinandomi nell'utopica speranza che qualcosa, qualunque cosa, in questa vita, finalmente migliori.
PRO:
- prenderò più soldi rispetto a questi ultimi 9 mesi.
Forse.

domenica 29 agosto 2010

per chi non c'è più...

ma resterà per sempre, nel cuore e nell'anima...



You and me are destined
You'll agree
To spend the rest of our lives with each other
The rest of our days like two lovers
For ever - yeah - for ever
My bijou...

giovedì 26 agosto 2010

un ricordo dolce amaro


Oggi sono tre anni che il mio Tommy è volato sul Ponte.
Proprio a quest'ora ricevevo la terribile telefonata con cui mi avvisavano che se n'era andato.
In suo ricordo, qui tutti i post che lo hanno riguardato.
Ciao amore mio, aspettami sul Ponte, un giorno ci ritroveremo...

martedì 24 agosto 2010

enjoy the silence

E' appena trascorsa una settimana pesantissima, che, aggiunta al resto, mi ha portata sull'orlo del baratro.
Solo grazie all'intervento di due angeli sono riuscita a salvarmi da un crollo verticale che sarebbe certamente finito molto male.
Per cui oggi sono a riposo.
Ed in silenzio.
Per un po'...

martedì 10 agosto 2010

mercoledì 4 agosto 2010

la quintessenza del riposo

Nessuno sa rilassarsi e riposare come un gatto, a dispetto di tutto ciò che continua a (s)correre intorno...
Se poi i gatti sono gatte e sono tre, ecco il risultato :-)





mercoledì 28 luglio 2010

cheese cake fredda al limone in coppa

Con l'arrivo del caldo e l'impossibilità di usare il forno per ovvi e numerosi motivi (tra cui il fatto che con l'aria condizionata sempre accesa, il forno NON regge!), mi sono intestardita nel cercare qualche ricetta di cheese cake fredda, dolce che assaggiai per la prima volta nel 2000 durante un viaggio (ebbene sì!) tra Los Angeles e San Francisco e dal quale rimasi molto affascinata.
Scartate le versioni con le uova, visto che in quel caso la cottura nel forno sarebbe stata indispensabile, ho spulciato varie ricette di torte "crude" che mi sembravano più o meno fattibili.
Quella che più mi ha convinta ed a cui mi sono ispirata è questa, con alcune piccole variazioni personali, compresa la presentazione in coppa, invece che nel consueto formato derivante da un adeguato stampo apribile inferiore ai 24 cm (che NON ho!)
.
Ecco, quindi, la mia ultima versione:

Ingredienti (per 2 coppe grandi oppure 4 coppette da 100ml)
Per la base:
80g di biscotti secchi (tipo digestive) tritati finemente
50g di burro non completamente fuso (sono andata "a occhio")


Per la crema: (ultima versione)

125 ml di yogurt bianco non zuccherato

200gr di robiola

6 cucchiaini di zucchero
100ml di panna da montare

4g di colla di pesce (2 fogli di gelatina)
scorza di mezzo limone non trattato (ricavata a striscioline con il rigalimoni)


Preparazione
:

Per la base: si mescolano bene i biscotti tritati con il burro sciolto e si versa il composto ottenuto nelle coppe, cercando di livellarlo bene (aiutandosi con un cucchiaio o un batticarne).

Per la crema: montare la panna con tre cucchiaini di zucchero in un contenitore possibilmente metallico e messo a raffreddare qualche minuto in freezer, poi riporla in frigo.

Mettere a bagno la colla di pesce in acqua fredda per 10'; dopo averla strizzata, scioglierla in un pentolino a fuoco basso con un cucchiaio di acqua, spegnere e lasciarla freddare un po'.
Intanto in una ciotola capiente lavorare con le fruste la robiola e lo yogurt con lo zucchero restante e la scorza di limone (solo la parte gialla!); poi aggiungere la gelatina, avendo cura di continuare a lavorare la crema.
Unire la panna montata al composto, mescolando molto delicatamente con un cucchiaio per non smontarla.

Versare la crema sulla base raffreddata, livellare bene e riporre in frigorifero per almeno 3 ore.
Più tempo passa in frigorifero, migliore sarà la consistenza finale del dolce.

Ed ecco il risultato :-)


venerdì 23 luglio 2010

il posto giusto

Essere ligure, anzi, genovese, ma emigrata in Padania da più di vent'anni, implica, inevitabilmente, alcune nostalgie.
O meglio, alcuni richiami tangibili alla mia terra d'origine, soprattutto quando si tratta di simboli potentemente significativi per la mia esistenza.
Uno di questi è certamente il basilico che, non appena la stagione lo permette, non manca mai a casa mia.
Soprattutto d'estate ne ho sempre una o più piantine sul terrazzo ed una in casa dedicata al pronto uso domestico.
Quelle fuori si nutrono di luce solare ed annaffiature intelligenti.
Quella in casa, invece, nei periodi di peggior caldo, ha sempre subito gli effetti dell'aria condizionata che faceva avvizzire in tempi brevissimi le preziose profumate foglie.
Ma solo fino a qualche giorno fa: ho infatti avuto un'intuizione ed ho ho spostato il vasetto, contenente i rametti recisi, dal lavello a sopra il frigorifero, il quale, trattandosi d'una casa tutt'altro che normale ed in perfetta sintonia con i suoi anomali inquilini -bipedi e quadrupedi-, si trova in un ripostiglio creato a suo tempo per alloggiare, da un lato, l'irrinunciabile elettrodomestico ed una comoda scaffalatura variabile dall'altro (leggi: pannelli di legno con reggiripiani spostabili a piacere).

Da allora, al riparo dal pernicioso effetto deumidificante, la mediterranea manifestazione odorosa in foglie ha mantenuto sufficientemente a lungo il suo vigore aulente.
Anzi, mi ha addirittura ringraziata visibilmente: ed è fiorita.

Perché stare al posto giusto è molto importante.
A volte può perfino migliorarti la vita.
Anche se sei solo una piantina di basilico...

mercoledì 14 luglio 2010

la fine del mondo

Ultimamente mi trovo troppo spesso a pensare che se davvero finisse il mondo il prossimo 21 dicembre 2012 non sarebbe neanche male.
In fondo, per tante cose, è già finito da tempo.
E' finito il rispetto.
E' finita la bellezza.
E' finito il buon senso.
E l'accuratezza.
E quel che è peggio, è finito l'amore, ucciso dall'indifferenza di chi ha spento il cuore.
(rime assolutamente involontarie...)

In questo mondo non esistono i mulini bianchi.
Ma tanti mulini a vento. Milioni.
E poche, pochissime persone come me che si ostinano a sbatterci contro e farsi del male. Tanto male.
Da soli, a combattere una guerra, già data per persa in partenza.
Una guerra santa, dove si muore sempre dalla stessa parte della barricata.

Sto per arrendermi, anch'io, a questo stato di cose.
Magari non oggi.
Magari non domani.
Ma prima o poi succederà.
Per ora, intanto, resisto.
Ma non so ancora per quanto.

domenica 4 luglio 2010

le mie gatte strane

Priscilla-Siddharta...


Chloe-senza-naso...




Emily in meditazione...



e l'impossessamento continua...

sabato 3 luglio 2010

le ultime due novità. anzi, tre...

14 giugno:
Qualcuno se n'è andato...



(il divano, non Emily, che qui lo saluta come un caro amico...)

Qualcuno è arrivato (il divano nuovo...)

e qualcuno se n'è subito impossessato...




E poi ci sono loro...


(presto altre foto aggiornate, nel frattempo i mici sono diventati più grandi e più belli che mai...)